Classica

Gocce di pioggia grandi come tre piovevano dal soffitto in appositi secchi di latta colmi a metà, lì posizionati per evitare che si allagasse tutto il pavimento.

Dietro le tende bianche e rosse della stanza il panorama era una scala di grigi e di verdi spenti, sbattuti qua e là dal vento.

Per azzittire le voci dell’acqua e dell’aria la radio accesa suonava “La danza delle ore” di Ponchielli che, con la luce arancione dell’abat jour, rendevano l’atmosfera molto più allegra.

Il cane riposava serenamente nella sua cuccia, alzando ogni tanto un orecchio, in ascolto di qualche rumore lontano o del ballabile radiofonico.

Era finalmente un momento di sorridente tranquillità dopo un susseguirsi di pensieri scomodi e situazioni amarognole.
A completare la scena c’erano un bel camino acceso, con ciocchi regolari che ardevano nella sua pancia, una coperta di lana rossa con le frange ed una tazza bianca con dei ghirigori disegnati a mano che emanava un leggero fumo aromatizzato al limone.

Una inesistente, ma dolorosa ferita al cuore torna a ricordare che esiste; un senso di ansia e uno del dovere guardano tutto ciò che accade rispettivamente da un tavolino e da sotto una sedia.

Parte un valzer e tutta la stanza si riempie di fiori e di ballerine in tutù blu, che contrasta con i rosa e i rossi dei petali che si arrampicano dove possono.

Guardando il vetro in alto a sinistra si vede la mano di un gigante che sposta la chioma di un albero, magari per concedere al suo grande occhio di poter vedere meglio attraverso quella finestrella tanto piccola e tanto lontana da lui.

Le ballerine in punta di piedi lasciano la scena alle medaglie sfavillanti appese alle divise di militari che marciano felici e grintosi da una parete all’altra. Qualcuno col cappello, qualcuno con trombe e tamburi, qualcun altro coi baffi.

La pioggia ha smesso di riempire i secchi, ormai quasi al limite, ma il vento continua a far vibrare le foglioline dei rami; alcune prendono il volo e iniziano a giocare a nascondino. A coppie. Forse sono innamorate.

Poggiato da qualche parte c’è del cioccolato fondente di cui a momenti si sente l’odore.

Il faccione del gigante spunta tra tutto quel verde. Sembra molto soddisfatto di ciò che vede e, quasi per voler prenderne parte, intona il “Va, pensiero” con voce angelica, che perfino il cane non vuole interrompere col suo abbaio stridulo, decidendo saggiamente di continuare a sognare.

Finisce il canto.

Appare un raggio di sole e torna il silenzio nella valle.

 

2 pensieri su “Classica

  1. il tono distaccato, il modo puramente descrittivo, impersonale, l’assenza di visibili protagonisti, se escludiamo il cane, la redistribuzione delle emozioni su oggetti inanimati (un senso di ansia e uno del dovere guardano tutto ciò che accade rispettivamente da un tavolino e da sotto una sedia.!!) rendono, per paradosso, questo brano molto personale, quasi intimo, pieno di segreti e confidenze.
    complimenti hai confezionato un post che è una chicca (e mi disturba essere l’unico a dirlo)
    ml

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